Fare la pace

La premessa fondamentale è che, giovedì sera, ci avrei pure provato a scrivere qualcosa.

Lo avrei fatto perché ero ispirato, carico di ricordi dati da una serata trascorsa fisicamente in giro con degli amici, ma con la testa al telefono e il cuore nella stanza condivisa con quell’amico che ora vive un po’ fuori mano. Sì, è uno di quei casi in cui il “PROPRIO LUI” di piccininiana memoria è perfettamente calzante.

Abbiamo ricordato, rivangato, ricacciato. E’ venuta fuori grossomodo qualsiasi stronzata abbiamo fatto durante quel periodo epico che furono gli anni di via Marconi 8 interno A.

Ci avevo provato, per l’appunto. Ma partì Renatone, partì una delle poche canzoni con lo straordinario potere di farmi piangere a comando. E, inutile dirlo, uscii sopraffatto dalla cosa. Sentire che ogni giorno è come una pesca miracolosa e vedere che quella login di wordpress funzionava ancora era decisamente un colpo  troppo forte per i miei condotti lagrimali.

E così eccomi qui, qualche giorno dopo, a scrivere nuovamente su questo blog. Cosa si stia esattamente tentando di fare non lo so, per cui immagino che vi racconterò un po’ delle cose che, se state leggendo questo post, probabilmente già saprete perché conoscete me, l’altro, o sia me che l’altro.
Vi racconterò e vedremo insieme cosa ne viene fuori.

E’ da tanto che non ci annusiamo su queste pagine, e tante cose sono capitate. Così tante che ricapitolare tutto per filo e per segno non avrebbe nessun senso, dato che questo si propone di essere un post da blog e non un poema epico.

Inevitabilmente qualcosa è andato perduto: la presenza fisica di determinate persone, lo zoccolo duro della Pavia che fu ormai anni fa. E’ una cosa che da una parte ferisce, dall’altra dà consapevolezza.

Citando dal Tuttosport di oggi (sì, lo compro ancora. Dopo ogni vittoria della Juventus, come sempre), Guido Vaciago dice che “è il destinio di chi scrive pagine così importanti non vedersi riconosciuti subito tutti i meriti. L’esatta portata del quinquennio bianconero si potrà valutare solo con il tempo, quando la cronaca diventerà storia“.
Ecco, se a “quinquennio bianconero” sostituiamo “quadriennio pavese”, Vaciago riesce con un’efficacia disarmante a comunicare ciò che vi avrei detto l’altra sera e che vi sto scrivendo ora.

Che campionissimi

Che campionissimi

Non ce ne rendevamo conto, immersi completamente in quel tourbillon etilico/ormonale/accademico senza soluzione di continuità, ma quelli sono stati gli anni migliori della nostra vita e noi manco lo sapevamo.

Ed è un bene, è stato un gran bene non esserne assolutamente al corrente. Avremmo rischiato di bruciarceli pensando che a quel picco sarebbe seguita una lunga, inesorabile discesa.

Per cui ben venga essersela goduta con incoscienza, ben vengano le serate passate a mimare il pictionary sulle scale della chiesa del Carmine, i mercoledì sera alla gabbia dei matti con la pasta di mezzanotte e i cimenti, ben vengano tutte quelle perle che hanno reso quella Pavia la nostra Pavia: un piccolo gioiello che adesso è passato nelle mani di ragazzi stupidi, incoscienti e rampanti come lo fummo noi.

Mi sono interrogato molto in questi giorni: c’è invidia in questi miei ragionamenti? C’è la voglia di tornare indietro?
Sono queste le domande che mi hanno portato via gli ultimi tre giorni.
La risposta è stata più confortante di quanto credessi: un secco no. No perché quelle persone che ho conosciuto e imparato ad amare durante quel periodo, ora sono immerse nelle loro vite, nelle loro occupazioni, e io nelle mie.

C’è chi ha deciso di cimentarsi in un sentiero totalmente inaspettato ed è andato in trentino per rispondere alla chiamata dell’Amico dello Sfo. C’è chi ha vinto una borsa di dottorato e ha preso un volo di sola andata per gli Stati Uniti, a studiare ciò che ama, c’è chi poi era predestinato ed è un dottorando proprio a Pavia. C’è che ha ascoltato Barney Stinson e Ted Mosby, e ha aperto un bar [ma non l’ha chiamato Puzzles (a proposito, Gi, ma che cazzo di fine hai fatto?)].

C’è chi ha deciso di buttarsi nella vita collegiale, chi ancora bazzica quegli ambienti ma ha trovato la chiave di volta del proprio percorso accademico e macina esami come una macchina, chi lavora già da quando stavo ancora lì, chi convive.
Insomma, quelli che studiano sono pochi ormai, e se lo fanno è perché hanno dei progetti.

C’è chi ha deciso di cimentarsi in un percorso difficilissimo ma per cui ha i numeri: il mondo attoriale è dannatamente complesso. E immaginatevi che bel coronamento sarebbe, se un giorno si incontrassero in una manifestazione, l’attore e il critico/organizzatore/quellochevolete per parlare dei successi di entrambi. Pensate che retrogusto avrebbe pensare che hanno iniziato a sparare cagate insieme su questo blog.

DIVAGAZIONE – Ancora ricordo: sdraiato sul divano di casa di mia nonna, a un’ora molto tarda di una serata estremamente afosa (era il 30 giugno cribbio), mi venne quest’idea. Chiamai Sfo, e non poteva che dirmi che ci sarebbe stato. Ci piaceva (e piace) scrivere, l’idea era semplice e per questo ottima. Per non parlare della tentazione di rompervi i coglioni a più riprese coi nostri papiri. Che avremmo dovuto fare? – FINE DIVAGAZIONE

Ora, voi vi starete chiedendo il perché di questo post, a distanza di così tanto tempo per di più.

Volevo rompervi gli zebedei in maniera invereconda una volta di più, inaspettatamente, un’autentica mossa Kansas City Il motivo è che dovevo fare pace con me stesso, dovevo perdonarmi il fatto di aver vissuto quegli anni senza la coscienza del fatto che erano i più divertenti della mia vita. In due parole: dovevo crescere. Stavolta per davvero.

E quale luogo migliore per farlo, se non il blog che ha immortalato la nostra transizione da ragazzi a uomini?

Queste riflessioni, questo post, questi anni mi sono serviti per fare pace con ciò che sono stato ma soprattutto ciò che sono: una persona più matura e consapevole che ha dei traguardi mai ponderati durante la triennale.

E’ inutile dire che riguarderò sempre con un velo di nostalgia quelle vecchie foto, chi non lo farebbe? Ma non ci sarà più il rimpianto. Il rimpianto sarebbe stato giustificato se avessi buttato via quegli anni.

Ma come avrete capito, non è successo. Ce la siamo goduta fino in fondo e anche oltre, abbiamo spremuto quella esperienza come un limone e abbiamo messo in cascina abbastanza minchiate per le prossime tre esistenze.
Ora possiamo metterci a fare i seri. Non troppo ovviamente.

Beppe

P.S.: di seguito una piccola lista di cose le quali, grazie al loro ricordo, mi hanno riappacificato col passato

-Siamo diventati le colonne portanti del giornale universitario, e lo siamo stati per lungo tempo
-Ho condotto una trasmissione in radio
-Sono andato gratis ad una festa di collegio decidendo la cosa all’ultimo secondo ed entrando con un biglietto a nome Giulia
-Il giorno dopo quella stessa festa sono andato a lezione senza manco cambiarmi i vestiti, essendo tornato a casa decisamente troppo tardi
-Abbiamo festeggiato il cinco de mayo
-Gli amici che ho conosciuto lì, posso dirlo, sono in molti casi gli amici che mi porterò per sempre dietro
-Ho fatto, in combutta con tre compagne di corso, una festa di laurea allucinante a cui hanno partecipato più di duecento persone
-Ho ricevuto delle ovazioni per le minchiate che scrivevo
-Ho imparato a cucinare
-Ho giocato a calcio in piazza Duomo con la gente che faceva il tifo sulle gradinate dello stesso, un mercoledì sera, fermandomi a ogni azione per recuperare sali minerali bevendo birra
-Sono andato in vacanza col mio amico barman
-Ho fatto una telecronaca
-Eccetera
-Eccetera
-Eccetera

P.P.S.: Magari torneremo, chi lo sa?